Come ci incoraggia oggi il Signore! Ci incoraggia ad ascoltare la sua Parola, perché da essa ci giunge forza e consolazione, così come dalle parole della Chiesa in questa 111ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
Intanto il profeta Abacuc ci apre una finestra sul cuore lacerato degli oppressi, con parole terribili per la sofferenza e – purtroppo – per l’attualità che promanano: fino a quando, Signore, imploro aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido violenza e non salvi?
Scorrono davanti ai nostri occhi le immagini di madri accasciate sui figli sbrindellati, di vecchi spaventati che escono con una sola coperta addosso in mezzo alla neve dai condomini bombardati: Palestina, Ucraina e quanti altri luoghi ancora.
Eppure tu non tolleri l’oppressione e la violenza, abbiamo riconosciuto nella orazione iniziale di questa domenica.
Il Signore ancora al profeta: scrivi la visione, che attesta un termine. Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede.
Forse di questo abbiamo davvero bisogno, noi qui che non stiamo male e che ci interessiamo solo delle nostre cose. I discepoli l’avevano capito bene: accresci in noi la fede, chiedono a Gesù, che ha appena comandato loro di saper perdonare, sempre.
Ne basterebbe tanta quanto un semino di senape per operare cose impossibili a prima vista, come radicare dal cuore degli uomini le radici embricate della violenza e dell’oppressione.
Davvero, credendo al Signore e affidandoci alle sue parole come il servitore disponibile e obbediente della parabola, potremmo contribuire al termine delle sofferenze ingiuste e inutili di milioni di persone.
Davvero, ascoltando le parole della Chiesa e mettendole in pratica, potremmo riconoscere nei migranti dei missionari di speranza, come in modo ardito ci suggerisce oggi Papa Leone.
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il vangelo
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». l Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
(Lc 17,5-10)